17 Maggio 2022
MALADAPTIVE DAYDREAMING: quando sognare a occhi aperti diventa una dipendenza
Rifugiarsi nella fantasia, per contrastare la monotonia, lo stress o l’insoddisfazione, è un’attività molto comune. Secondo il Dott. Klinger, “i sogni a occhi aperti aiutano a ottenere il massimo dal nostro cervello e sono una risorsa fondamentale”.
Tuttavia, quando una persona non riesce a farne a meno, sottraendo tempo agli impegni, alle attività e alle relazioni reali, entra in gioco una condizione nota come “Maladaptive daydreaming” (MD). Si tratta di un disturbo non ancora riconosciuto, introdotto dal Prof. Eli Somer (2002), con la pubblicazione di “Maldaptive daydreaming: a qualitative inquiry”. Tale condizione viene descritta come un’immersione prolungata in fantasie a occhi aperti, spesso attivate da trigger (come musica, film, immagini), che interferisce con lo svolgimento delle attività quotidiane, portando spesso il soggetto a isolarsi e a investire sempre meno sulla vita reale.
Il maladaptive daydreamer non perde i confini tra realtà e fantasia, ma non riesce a sottrarsi al desiderio di fantasticare. Il MD può essere pertanto considerato una dipendenza , con tutte le conseguenze del caso.
Quali sono le cause? Le ricerche sull'argomento sono ancora poche. Secondo Somer, molti soggetti che vanno incontro a questa condizione presentano traumi pregressi. Gli studi di Bigelsen e Schupak (2011) suggeriscono spiegazioni alternative, che chiamano in causa la difficoltà a desistere dal desiderio di evadere la noia e l’insoddisfazione. Il MD può configurarsi altresì come l’eccessivo utilizzo di una strategia compensatoria di alcune caratteristiche di personalità: ad esempio una persona molto introversa può immaginarsi a lungo nelle vesti di un cantante disinibito e preferire il vissuto immaginario di questo sé alternativo.
“Penso di essere un MD: è’ utile consultare uno psicologo?”
In primo luogo, è importante conoscere il
tempo
impiegato a fantasticare e soprattutto il
senso di urgenza percepito:
se fatichi a portare a termine semplici impegni quotidiani, se declini molte uscite e attività per dedicarti al mondo immaginario, se senti che non riesci a costruire relazioni soddisfacenti perché sei troppo occupato a sognare a occhi aperti, ha senso parlarne con uno psicologo. Il contenuto delle nostre fantasie può essere una preziosa fonte di conoscenza circa alcuni bisogni che non riusciamo a verbalizzare o che crediamo di non poter soddisfare. In secondo luogo, lo psicologo può aiutarti a
sviluppare e potenziare strategie alternative di gestione dello stress e delle emozioni negative.
E’ bene però ricordare che fantasticare è di per sé un’attività “normale” e utile, purchè non intacchi la vita quotidiana. Di conseguenza (e probabilmente questo è uno dei motivi per il quale il MD non viene riconosciuto formalmente), si rischia di patologizzare un qualcosa di funzionale. Infatti “La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.” (A. Schopenauer).
Bibliografia:
Bigelsen, J. & Schupak, C. (2011) “Compulsive Fantasy: Proposed Evidence of an Under-Reported Syndrome through a Systematic Study of 90 Self-Identified Non-normative Fantasizers”. In Consciousness and Cognition, Vol. 20, No. 4, pp. 1634–1648.
Bigelsen, J, & Kelley, T. “When Daydreaming Replaces Real Life.” The Atlantic. Atlantic Media Company, 29 Apr. 2015. Web. 25 June 2016.
Klinger, E. “The Power of Daydreams.” Psychology Today (1987) n. pag. Web.
Somer E., (2002) Maladaptive Daydreaming: A Qualitative Inquiry. Eli Somer in Journal of Contemporary Psychotherapy, Vol. 32, Nos. 2